Una compagnia di guitti, stralunati e confusionari, deve mettere in scena uno spettacolo. Siamo in un’Italia immaginaria del Seicento, gli attori sono poco più che saltimbanco, con pochi oggetti di scena, abbigliati con costumi improvvisati e con le maschere che li trasformano nei Personaggi della commedia. Il passaggio dalla scena alla vita di compagnia è costante, ritorna ciclicamente, evidenziando i rapporti interni tra gli attori, e le dinamiche della loro compagnia.

La Bisbetica Domata è riadattata a questa dimensione, ma mantiene i connotati del testo originario. Abbiamo Battista, gentiluomo padovano, assediato dagli spasimanti della bella figlia Bianca, ma deciso a non darla in sposa finchè la maggiore Caterina – la Bisbetica appunto – non troverà marito. Petruccio, uomo d’avventura e bisognoso di denaro, si lancia in un corteggiamento sfrenato, combattivo, fatto di duelli con la spada e provocazioni, suscitando in Caterina un misto di rabbia e interesse.

In qualche modo, Petruccio e Caterina sono due spiriti affini, legati da un rifiuto per le norme sociali e una stravaganza nel vivere che li fa apparire come due emarginati. L’educazione della Bisbetica, diventa quindi reciproca, Petruccio doma Caterina quanto Caterina doma Petruccio.

Non solo i due protagonisti, ma anche tutti gli attori, comprendono come una vita passata a cercare di prevaricare sull’altro sia per lo più sprecata e inconcludente. L’unione di Petruccio e Caterina stabilisce un nuovo equilibrio, che ribalta le convenzioni sociali e mette d’accordo tutti. La meta non è il matrimonio, ma il riuscire ad accettare se stessi e l’altro.

Quello che insegna la nostra Bisbetica è che dobbiamo essere pronti all’amore, in ogni sua forma.